venerdì 14 Febbraio 2025 - 18:53

Delta del Po (Ro), l’ostrica rosa tinge di qualità e gusto la Sacca di Scardovari

L’ostrica “rosa” coltivata in Italia adesso è una realtà. All’interno del micro ambiente protetto ma vivificato dal benefico influsso del mare Adriatico, costituito dalla Sacca di Scardovari ubicata nella parte veneta del Delta del Po e per la testarda determinazione ed entusiasmo del giovane imprenditore d’acqua, Alessio Greguoldo,   il prezioso ed esclusivo mollusco bivalve viene allevato e dal 2017, confezionato e commercializzato.
Si tratta di un’ostrica anche bella alla vista, con la lucente candida madreperla interna ed anche preziosa come esclusivo ed apprezzato ingrediente culinario, il cui allevamento e crescita sono favoriti anche da un processo completamente ecocompatibile basato sull’energia prodotta da alcuni pannelli solari. Ed il mollusco ‘rosa’ bivalve made in Italy, fa addirittura concorrenza a quello francese, differenziandosi gradevolmente per gusto e consistenza della polpa.
Infatti, la ‘perla del Delta’ come è stata denominata, è un’ostrica brevettata in Francia. Ed a seguito di questo è nato sotto le insegne del prestigioso marchio francese Tarbouriech, un progetto innovativo e di collaborazione tra uno dei più importanti produttori di ostriche della Francia, Florent Tarbouriech, inventore di un metodo di allevamento esclusivo che produce le famose ostriche rosa, allevate nel bacino di Thau, la maggiore laguna della regione della Linguadoca-Rossiglione nel sud della Francia e l’entusiasta imprenditore d’acqua polesano, sostenuto dal Consorzio dei Pescatori del Polesine.
Però, determinante e fondamentale è risultata la scelta, dai più considerata azzardata viste le negative precedenti esperienza di coltivazione di ostriche, del luogo di coltivazione, proprio la Sacca di Scardovari, la più grande laguna del Delta, vasto specchio d’acqua posto tra le foci del Po di Gnocca e del Po delle Tolle, con una superficie di circa tremila ettari, nella confluenza tra il grande Delta del fiume Po ed il mare Adriatico. Tra l’altro anche habitat naturale per l’allevamento di molluschi come cozze e vongole, che vengono coltivate ormai da decenni.
Le prime ostriche, ci ha raccontato Greguoldo, nonostante la diffidenza generale, sono state messe in acqua nel 2007, seguite da successivi esperimenti con risultati inizialmente altalenanti, per individuare infine il sistema migliore di coltivazione quindi, dal marzo 2016 è iniziata la produzione e dal 2017 la vendita del prezioso mollusco.
Ma, per dare ai molluschi tutte le caratteristiche per farle diventare un prodotto da gourmant, è stato determinante simulare l’effetto della marea che nel suo naturale e periodico defluire, le espone all’aria per alcune ore. Ed era stata l’assenza di tale fenomeno che, finora, ha informato ancora Greguoldo, ne aveva bloccato l’allevamento in Italia, perchè il Mediterraneo non ha movimenti imponenti dettati dalle maree come quelli dell’oceano. Ma con un macchinario brevettato dallo stesso Tarbouriech, le ostriche nella loro fase iniziale di crescita vengono incollate a funi, quindi messe a dimora in acqua. Poi, azionando un motore comandato da terra e completamente alimentato da energia eolica e fotovoltaica, è possibile metterle periodicamente a secco.
Si tratta di una produzione limitata a circa mille molluschi la settimana, successiva alla fase di staccamento manuale delle ostriche dalle funi, selezionate nelle varie pezzature, confezionate all’interno di un apposito locale messo a disposizione di Greguoldo nella sede operativa del Consorzio dei Pescatori del Polesine e destinate soprattutto a ristoranti selezionati in particolare a Milano e Roma, ma di recente anche di Matera. Inoltre, per mantenere e consolidare la produzione di ostriche rosa, Alessio Greguoldo ha da poco attivato anche un secondo impianto, attiguo l’impianto pilota, pure completamente gestito da energia fotovoltaica, per mantenere inalterati caratteristiche di allevamento, qualità e gusto.
Invece, il Consorzio dei Pescatori del Polesine, costituito nel 1988, organizza 14 cooperative del settore con 1.400 soci, lavora mediamente 50mila quintali di cozze/anno e 60 mila quintali di vongole anno, occupa stabilmente 35 dipendenti e fattura circa 70 milioni di euro/anno.

www.tarbouriech.it

Piergiorgio Felletti

Servizio fotografico di Irene Cazzanti

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