venerdì 21 Novembre 2025 - 00:11

Virginia, la memoria della Guerra Civile Americana

di Leonardo Felician
Shutdown a Washington – La fine dello shutdown negli Stati Uniti è un’ottima notizia per i turisti di tutto il mondo, per l’attesa riapertura da parte del Governo dei servizi nazionali ritenuti –a ragione o a torto– non essenziali, come parchi, musei e istituti culturali.  A Washington sono nuovamente visitabili, tra l’altro ad ingresso gratuito, le collezioni dello Smithsonian come la National Gallery of Art, tra i musei d’arte più famosi al mondo, nonché i due grandi musei dell’Aeronautica e molti altri.
Per chi già conosce il patrimonio artistico e culturale della capitale americana c’è però un’alternativa di sicuro interesse da suggerire: esplorare la vicina Virginia per approfondire il tema della Guerra Civile americana.
Per cominciare, l’aeroporto internazionale Dulles di Washington, dotato di collegamenti diretti con diversi scali italiani ed europei, si trova in realtà in Virginia, ad una quarantina di chilometri dalla capitale.
Con un’automobile presa a noleggio, non particolarmente costosa e molto usuale negli Stati Uniti, si può iniziare ad esplorare questo Stato confinante a ovest con il District of Columbia, caratterizzato da spazi estesi, verdi colline, piccoli centri abitati collegati da una fitta rete di autostrade, quasi sempre gratuite in America.
Uno stile di vita rilassato e pacifico, un’ospitalità di ottimo livello ed una gastronomia più che varia rendono l’esperienza piacevole per una vacanza che si estende rapidamente per riempire i giorni a disposizione.
Sulle tracce della Guerra Civile in Virginia – Ma anche chi ha pochissimo tempo, magari solo un paio di notti agganciate a un soggiorno per lavoro nella capitale americana, può assaggiare l’atmosfera della Virginia dedicandosi al tema della Guerra Civile americana, che scoppiò nell’aprile del 1861 e durò quattro anni, fino all’aprile del 1865.
Alla base dello scontro, un profondo contrasto tra due modelli diversi di società: il Nord industriale, terra di grandi agglomerati urbani, favorevole ad un’economia moderna e pianificata, retta da un governo centrale forte.
Mentre il Sud, agricolo, latifondista, basato sulle ampie estensioni delle piantagioni e sulla manovalanza a bassissimo costo, rivendicava il diritto degli Stati di autogovernarsi senza ingerenze federali.
Quando undici stati meridionali (Alabama, Arkansas, Carolina del Nord, Carolina del Sud, Florida, Georgia, Louisiana, Mississippi, Tennessee, Texas e Virginia) si staccarono dall’Unione e formarono la Confederazione con capitale a Richmond in Virginia eleggendo Jefferson Davis come presidente, il Paese si trovò diviso in due schieramenti.
Gli unionisti al Nord, fedeli al governo federale di Washington, comprendevano tutti gli altri 25 Stati, in particolare gli stati del Nord e dell’Ovest, oltre a quattro stati schiavisti rimasti all’interno dell’Unione: Delaware, Kentucky, Maryland e Missouri.
Gli unionisti disponevano di un esercito più numeroso e meglio organizzato, di una rete ferroviaria sviluppata e di un’industria in grado di sostenere lo sforzo bellico, mentre i confederati, pur con risorse più limitate, contavano su generali esperti e su un forte radicamento locale.
Le potenze europee, in particolare Gran Bretagna e Francia, seguirono il conflitto con interesse, attratte dall’importanza del cotone del Sud, ma prudenti nel non riconoscere ufficialmente la Confederazione.
La loro neutralità, mantenuta per l’intera durata della guerra, impedì al Sud di ottenere sostegni decisivi.
Il conflitto si concluse nell’aprile del 1865 con la resa del generale Robert E. Lee ad Appomattox Court House, appunto in Virginia.
Quattro anni di battaglie avevano lasciato un Paese devastato ed un numero impressionante di morti, mutilati e feriti, ma l’Unione ne uscì salva e la schiavitù definitivamente abolita.
La prima grande battaglia a Manassas – A neanche 30 km a sud dell’aeroporto Dulles la prima cittadina della Virginia che si incontra è Manassas, lungo la ferrovia che collega la capitale federale con il Sud.
Conta oggi poco più di quarantamila abitanti e conserva l’aspetto ordinato di una piccola città americana, con un centro storico fatto di edifici in mattoni, animata con negozietti, bar e ristoranti nelle due graziose vie centrali, la Church e la Center Street.
Fondata a metà Ottocento attorno a un importante nodo ferroviario, divenne presto un punto strategico per il controllo delle linee di rifornimento durante la guerra civile.
Proprio qui, nel luglio del 1861, si combatté la prima grande battaglia della guerra civile americana, nota come Battaglia di Manassas o di Bull Run, il torrente che attraversa ilcampo di battaglia. Nemmeno sui nomi delle battaglie nordisti e sudisti riuscirono a mettersi d’accordo.
La doppia denominazione fu tipica della guerra civile: l’Unione usava nomi geografici naturali di fiumi o colline, mentre la Confederazione preferiva nomi di centri abitati vicini.
A Manassas comunque ci fu il primo scontro su larga scala tra l’esercito dell’Unione, comandato dal generale Irvin McDowell e quello confederato, guidato da Pierre G.T. Beauregard con l’appoggio di Joseph E. Johnston.
I nordisti partirono da Washington talmente convinti di una vittoria rapida, che sulle coline vicine si attestarono spettatori per il pic-nic, tra cui un senatore, poi fatto prigioniero: trovarono però una resistenza strenua e ben superiore alle aspettative.
La battaglia segnò così l’inizio di una guerra lunga e sanguinosa, ma la lezione fu a lungo ricordata da ufficiali e soldati nordisti, che al tempo delle battaglie vittoriose degli ultimi anni del conflitto si ripetevano spesso Ricordati Manassas!
Oggi il Manassas National Battlefield Park è uno dei siti storici più visitati della Virginia. All’interno del parco si trova il Visitor Center Henry Hill dove pannelli, reperti e filmati ricostruiscono la dinamica degli scontri e la vita dei soldati.
Da qui partono i sentieri che attraversano i campi originali della battaglia, ancora intatti e immersi nel silenzio rurale, trasformati in un luogo idilliaco e spesso frequentati da chi ama fare passeggiate a piedi o in bicicletta in mezzo alla natura.
Sulla collina principale si erge la statua del generale Thomas Jonathan Stonewall Jackson, uno dei più celebri comandanti confederati.
Il soprannome muro di pietra gli fu attribuito proprio a Manassas, quando un ufficiale del Sud lo indicò ai suoi uomini durante l’attacco gridando: Ecco Jackson, fermo come un muro di pietra!
La sua fermezza sotto il fuoco nemico divenne leggendaria e simbolo del coraggio delle truppe sudiste.
Uomo profondamente religioso, Jackson morì tragicamente due anni dopo in battaglia colpito dal fuoco amico e la sua figura è ancora circondata da un’aura romantica e malinconica.
Nel parco si visita anche il vecchio ponte di pietra di Bull Run, distrutto durante la guerra e poi ricostruito, che oggi offre uno dei panorami più suggestivi sul campo di battaglia.
Manassas rappresenta per molti americani il luogo dove la guerra civile smise di essere un’ipotesi e divenne una tragica realtà, segnando l’inizio di un conflitto che avrebbe cambiato per sempre la storia degli Stati Uniti: per questa ragione attrae una quantità di visitatori provenienti da tutti gli Stati degli Stati Uniti.
La battaglia di Fredericksburg – Poco più a sud di Manassas si trova Fredericksburg, intitolata a Federico, Principe di Galles, figlio di re Giorgio II d’Inghilterra. La città fu fondata nel 1728 lungo il fiume Rappahannock, nel punto in cui non era più navigabile.
Il luogo fu scelto per la sua posizione strategica che permetteva di collegare facilmente sull’acqua i porti della baia di Chesapeake con l’entroterra agricolo della Virginia.
Per questo diventò un punto naturale di commercio e scambio tra la costa e le colonie interne, crocevia tra nord e sud delle colonie inglesi che stavano fiorendo al di là dell’Oceano Atlantico.
Nei decenni successivi, dopo l’indipendenza, Fredericksburg prosperò come centro di scambio di tabacco, grano e ferro, mantenendo un ruolo importante nella rete economica della giovane nazione americana.
Nel Settecento e nella prima metà dell’Ottocento, la città fu un attivo centro mercantile e artigianale.
Qui visse la famiglia di George Washington e il fratello del futuro presidente, Charles, costruì la residenza di Kenmore, oggi museo storico.
Visse a lungo e qui morì anche la madre Mary Washington, cui oggi è intitolata la locale università. Durante questo periodo, Fredericksburg rimase una piccola città di confine tra la tradizione agricola schiavista del sud e le spinte industriali del nord.
Alla vigilia della guerra civile, contava poco più di cinquemila abitanti e la sua posizione lungo il fiume Rappahannock la rese inevitabilmente un punto assai conteso.
Con l’inizio della guerra civile nel 1861, Fredericksburg divenne presto teatro di violenti scontri. Nel dicembre del 1862 si combatté la prima grande battaglia urbana della guerra, tra l’esercito nordista del generale Ambrose Burnside e quello sudista del generale Robert E. Lee.
Le truppe unioniste attraversarono il fiume Rappahannock sotto il fuoco dei fucilieri confederati, posizionati sulle alture di Marye’s Heights.
La traversata avvenne su pontoni costruiti in fretta e attraversati con coraggio, ma il centro cittadino fu difeso casa per casa da una tenace resistenza sudista.
La spinta degli unionisti si interruppe alle pendici della collina, dominata dall’alto dall’artiglieria sudista, mentre la fanteria difendeva dalle trincee: i cronisti dell’epoca parlarono di un muro di piombo.
Su quindicimila soldati nordisti lanciati all’assalto, ottomila rimasero sul campo tra morti e feriti. La battaglia fu una disfatta per l’Unione e una delle più gravi perdite di vite umane del conflitto.
La figura del generale LeeRobert E. Lee, il generale vittorioso, era un ex ufficiale dell’esercito degli Stati Uniti, educato a West Point, dove aveva imparato a conoscere tattiche e uomini dei suoi futuri avversari.
Allo scoppio della guerra, gli era stato offerto il comando dell’esercito unionista ma, da uomo della Virginia, rifiutò e tornò a combattere per il suo Stato.
Fu il presidente confederato Jefferson Davis trasferitosi a Richmond a nominarlo comandante in capo delle forze sudiste.
Dall’altra parte, Burnside disponeva di forze numericamente superiori, ma la scelta tattica di attaccare frontalmente le posizioni di Lee si rivelò un errore fatale: poco tempo dopo Lincoln tolse il comando al generale Burnside.
Ai piedi della collina è stato costruito il Visitor Center del campo di battaglia, una tappa molto frequentata dalle famiglie americane, che vengono qui con i figli per ricordare la loro storia e onorare i caduti di entrambe le parti.
Durante i quattro anni della guerra civile, l’esercito dell’Unione agli ordini del generale Ulysses Grant occupò la città di Fredericksburg ben sette volte, ma non riuscì mai a conquistare stabilmente le alture dove si trovava il campo di battaglia.
Dall’altra parte del fiume, la Chatham Manor, appartenente in origine a un maggiore confederato, venne occupata dai nordisti e trasformata poi in ospedale da campo: oggi è un ameno luogo di visita, tranquillo e panoramico, che conserva la memoria di quelle terribili giornate.
Il grande museo nella capitale – E’ Richmond, capitale della Virginia, però il luogo ove si trova il più completo e ricco museo dedicato alla guerra.
L’ American Civil War Museum è strategicamente ubicato sulle rive del fiume James nel cuore della città, in uno stabilimento vetero industriale perfettamente riadattato a sede espositiva: si tratta del Tredegar Iron Works, l’industria di armamenti che durante la Guerra Civile sfornò il maggior numero dei cannoni per la Confederazione, quasi la metà della sua artiglieria.
Non è dunque un semplice museo, ma un luogo evocativo, il principale arsenale sudista, oggi trasformato mirabilmente in luogo di pace e di riconciliazione nazionale, tra l’altro con un intervento architettonico che merita premi e menzioni.
L’approccio del museo è profondamente multimediale e immersivo: filmati coinvolgenti, interattivi tattili e suoni ambientali ricreano l’esperienza del conflitto.
La sua filosofia è quella di presentare una narrativa equilibrata e completa, dando voce non solo ai politici, agli ufficiali e ai soldati unionisti e confederati, ma anche a chi è stato protagonista involontario e dolente di questo dramma, e cioè alle donne, ai civili afroamericani ed alle storie degli schiavi, mostrando come la guerra abbia plasmato ogni aspetto della società americana.
Il museo è ricchissimo di contenuti, con tre piani di gallerie che espongono centinaia di reperti autentici, dalle uniformi alle armi.
Completa il programma un fitto calendario di eventi culturali, conferenze, tour guidati e esposizioni temporanee che approfondiscono aspetti specifici, rendendolo una meta dinamica e sempre attuale per comprendere le complesse eredità del conflitto, cui vanno dedicate diverse ore per apprezzarlo appieno.
Il sogno di Lincoln – Nel complesso della guerra civile americana, tra il 1861 e il 1865, si contarono oltre seicentomila morti e più di un milione di feriti, un tributo altissimo che trasformò radicalmente la Nazione.
Fredericksburg fu all’epoca e rimane ancora oggi uno dei simboli di quella immane tragedia e dell’altissimo prezzo pagato per l’unità del Paese.
L’eredità di quella guerra, e in particolare delle sconfitte iniziali come quella di Fredericksburg, fu però la determinazione a non spezzare l’Unione.
Era questo il sogno di Abraham Lincoln: che il sangue versato servisse a salvare la democrazia americana e a riaffermare il principio di un Paese libero e unito.
Passato alla storia per l’abolizione dello schiavismo negli Stati Uniti, oltre che per la vittoria nella guerra, Lincoln in realtà aveva un solo, grande obiettivo, al quale avrebbe sacrificato ogni cosa e di fatto sacrificò la sua stessa vita: mantenere integra l’Unione.
Per farlo, nel momento più difficile della sanguinosa e lunga guerra fu necessaria la promessa di emancipare gli schiavi, che destabilizzò l’esercito sudista.
Lincoln visitò Richmond, capitale della Virginia e dei confederati, pochissimi giorni dopo la fine della guerra.
E solo una manciata di giorni dopo fu ucciso nel teatro Ford nel centro di Washington, a pochi isolati di distanza dalla Casa Bianca.
Chi visita oggi Washington trova in periferia, sulla cima di una collina alberata, il modesto President Lincoln’s Cottage, dove il presidente trascorreva le calde estati con la famiglia, sobbarcandosi ogni giorno una lunga cavalcata per raggiungere il luogo di lavoro.
E’ un luogo intriso di ricordi toccanti; nella pace di queste stanze fu scritto il testo del celebre proclama dell’emancipazione degli schiavi.
Si tratta di una casa coloniale georgiana di due piani, un angolo di pace immerso in un parco in cui i visitatori trovano numerose memorie dell’uomo che avrebbe fatto ogni cosa, dopo la fine della guerra, per riconciliare le due anime del Paese, e che certo si sarebbe opposto con determinazione alla sepoltura dei caduti in cimiteri rigidamente separati, come di fatto dappertutto avvenne.
Gli storici americani sono concordi nel ritenere che la sua tragica e violenta scomparsa ritardò di almeno 50 anni il difficile processo di integrazione e normalizzazione che seguì la guerra civile.
Ma il risultato rimane: gli americani dicono Washington costruì e Lincoln salvò gli Stati Uniti d’America.

www.virginia.org
www.visitpwc.com
www.visitmanassas.org
wwwe.fxbg.com
www.acwm.org
www.lincolncottage.org

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